La Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 3756 del 25 agosto u.s. ha accolto la “class action” proposta dall’associazione dei consumatori “Altroconsumo” nei confronti della società “Trenord” al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti da centinaia di pendolari a causa del malfunzionamento di un software programmato da Trenord stessa che causò nel mese di dicembre 2012 enormi disservizi, disagi, ritardi e soppressioni delle corse, oltre a una completa assenza di informazioni al riguardo. Il risarcimento è stato riconosciuto a favore di oltre tremila utenti, i quali avranno diritto a un ulteriore ristoro rispetto al minimo indennizzo previsto contrattualmente al quale, invece, si era limitato il Tribunale di Milano in primo grado nel 2016.
Questo il fatto in sintesi
Nel mese di dicembre 2012 Trenord metteva in funzione, senza alcun test di controllo precedente, un software che aveva lo scopo di organizzare e assegnare i turni dei suoi dipendenti alla luce dell’introduzione di nuove corse e nuove linee. Durante la sostituzione del software, tuttavia, si verificava una sorta di “black out” che mandava letteralmente in “tilt” il sistema, causando notevoli e perduranti disagi e disservizi ai pendolari che si ritrovarono in balìa di se stessi per ben nove giorni dal 9 al 17 dicembre, senza che nemmeno il personale Trenord fosse adeguatamente informato sulla deplorevole situazione.
A fronte di tali disagi, Trenord si limitava a indennizzare gli utenti con il minimo previsto dalla “Carta dei Servizi”; ciò che condusse all’azione collettiva di migliaia di utenti, rappresentati da Altroconsumo, in sede giudiziaria al fine di richiedere sia i danni patrimoniali che non patrimoniali, in quanto l’indennizzo offerto veniva considerato assolutamente insufficiente rispetto ai gravi danni subiti. Azione che in primo grado veniva, però, respinta dal Tribunale meneghino.
La pronuncia della Corte d’Appello del 25 agosto u.s. ribalta completamente la decisione di primo grado, riconoscendo l’ulteriore risarcimento del danno per grave inadempimento contrattuale della società ferroviaria e condannandola al pagamento in favore di oltre tremila pendolari della somma di cento euro oltre interessi legali.
Indennizzo inadeguato
Entrando nel merito della questione sottoposta alla Corte, quest’ultima ritiene, infatti, inadeguato l’indennizzo stabilito dal Tribunale come equo e offerto dalla società ferroviaria, in quanto l’importo minimo indicato contrattualmente si riferisce solamente a ritardi occasionali, escluso ogni altro tipo di ristoro per ritardi, soppressioni o disservizi che si ripetano o perdurino nel tempo. In sostanza, disagi “straordinari” rispetto a quelli normalmente previsti su una tratta ferroviaria che, proprio per la caratteristica di straordinarietà e uniformità afferente a più utenti, potevano rappresentare sicuramente oggetto di tutela in una “class action”.
Il collegio, in particolare, si sofferma sull’interpretazione del concetto di “omogeneità” contenuto nell’art.140 bis del Codice del Consumo per l’ammissibilità delle azioni di classe, individuandone alcuni degli elementi tipici, come ad esempio stessa “causa petendi” e medesima richiesta volta al risarcimento dei danni per grave inadempimento della società ferroviaria.
Conseguentemente, la Corte d’Appello riconosce l’ulteriore danno in virtù del fatto, come si legge nella decisione, che “non v’è dubbio che Trenord abbia cagionato, per inefficienza nell’organizzazione del proprio personale dipendente, disservizi e disagi tali da coinvolgere migliaia di viaggiatori, in forma continuativa, per un periodo di tempo prolungato (dal 9 al 17 dicembre 2012), costringendoli a subire ritardi prolungati, cancellazione di corse, trasbordi da un convoglio all’altro, modifiche di itinerari, condizioni di sovraffollamento dei convogli, senza neppure garantire forme di assistenza minime o diramare informazioni sui tempi di attesa o su eventuali percorsi alternativi”. Ciò che si tramuta nel ristoro dei danni non patrimoniali rappresentati dalle “afflizioni, i patimenti, le angosce connesse alle estenuanti attese e alle limitazioni sofferte rispetto alla propria libera circolazione, nonché all’esigenza di reperire mezzi di trasporto alternativi”.
(Corte di Appello di Milano, sez. II, sentenza 25 agosto 2017, n. 3756)